Il Capitale Nel XXI Secolo di Thomas Piketty

Il Capitale Nel XXI Secolo di Thomas Piketty

Quando si parla di economia si ha sempre la sensazione di parlare di una scienza sociale, non esatta, che ruba aspetti alla filosofia e alla politica piu' di quanto invece prenda dalla matematiche e dalle scienze naturali.  Si tende quindi a due errori contrapposti: da una parte si personalizzano le proprie idee economiche in base alla propria appartenenza sociale ed ideologica arrivando anche manipolare I dati oggettivi che ci vengono dal passato, dall'altro si tende a modellizzare con studi statistici una materia viva, che sfugge ai piu' complessi sistemi che o peccano di localismi o di superficialita' o sottostima di fenomeni contemporanei, che richiedono anni di studio prima di essere schematizzati opportunamente in flussi prevedibili di ricchezza. Leggere il Capitale nel XXI secolo di Piketty e' stata una sfida ai preconcetti miei di economia che, come accade anche a gente piu' influente di me,  nascono dalla semplice gestione del mio piccolo portafoglio e che mal si dispongono a confrontarsi con la realta' , vasta geograficamente e temporalmente, dei numeri che l'autore ci spiega. Picketty parte inoltre dai dati del passato e dalle sue valutazioni, alla luce delle leggi del capitalismo, per sfrondare la nostra visione sbagliata del presente, parte dalla matematica dei numeri per spiegare il contesto economico in cui noi lavoriamo e in cui hanno lavorato , risparmiato e consumato I nostri padri.

Si parte dalla disuguaglianza della belle epoque in cui 1% della popolazione deteneva, nella stragande maggioranza dei paesi, il 90% del capitale  mondiale pur non avendo un reddito da lavoro. Con semplicita' Piketty ci mostra, dati alla mano  che in un contesto dove il rendimento del capitale e' maggiore del reddito da lavoro, ed in particolare del tasso di  crescita, la disuguaglianza, fra chi detiene il capitale e chi solamente possiede come fonte di sostegno economico il proprio lavoro, si autoalimenta. Ho probabilmente insultato con questa sintesi l lavoro ed il sunto dell'economista in questo libro che muove dall'analisi scrupolosa dei dati macroeconomici disponibili, attraversando tutti i continenti. Piketty non fa mistero nel dire che I dati hanno forti limitazioni: la definizione di un tributo fiscale sul reddito e sul capitale richiede la tracciabilita degli stessi e ne permette l'analisi, senza non esiste una statistica significativa. Senza le tasse non solo non e' possibile definire I flussi economici e quindi le differenze di richezza all'interno di una societa' civile, ma altresi' non e' possibile cercare di correggere  le differenze ingiustificate, guardando al merito e alle capacita' individuali e non alle possibilita' di accumulazione .

L'andamento del rapporto capitale/reddito mondiale nel tempo nel grafico accanto viene fuori dall'analisi dei tributi, per la strangande maggioranza dei paesi occidentali , consultabili dopo il diciannovesimo secolo e non tiene conto dei paesi emergenti di cui non si hanno dati consistenti. Ebbene questa curva con tutti I suoi limiti fa capire come il capitale accumulato , incluso quello immobiliare, parte con un fattore 4 a fine dell 1870 per poi abbassarsi drasticamente durante le guerre mondiali, che fanno da spartiacque, da evento livellatore in cui anche il reddito da lavoro puo' creare accumulazione di ricchezza,  concorrenzialmente al reddito di capitale, e disconseguenza ascesa  e crescita sociale, per risalire infine agli inizi del nostro secolo ai valori originali.

Le simulazioni mostrano inoltre che tale rapporto va ad ingigantirsi grazie al rendimento del capitale che soverchia il tasso di crescita in senso generale (demografica, reddituale,…).  La crescita in se per se non garantisce un aumento dell'equita',  se non rapportato al rendimento del capitale, di cui al giorno d'oggi e' difficile definirne con precisione la quantita' a causa della globalizzazione e della pressoche inesistente trasparenza dei flussi finanziari dell'intero globo.

Personalmente sento un brivido sulla schiena all'interpretazione  che si puo ' dare a questa curva: Sono state necessarie due guerre mondiali per permettere una livellazione della percentuale di capitale detenuto dal centile superiore (1%) piu' ricco della popolazione? La risposta e' si, perche' sopratutto in seguito al secondo conflitto le grandi potenze mondiali applicarono, per facilitare la ricostruzione dell economia e dei capitali statali mobili ed immobili distrutti, una tassazione progressiva, che superava anche l'80% dei beni rimasti agli strati sociali piu' ricchi (perfino Churchill nella liberale Inghilterra), che ha da un lato abbattutto il reddito di capitale e da un lato permesso con incentivi statali una redistribuzione che di fatto ha creato un ceto medio che prima non esisteva.  Il decile superiore (10%) perse gran parte della propria ricchezza in favore dei decili inferiori mentre il 50% piu' povero rimaneva povero. Lo stesso pericolo del comunismo  ha fatto da motore di riforme sociali che permettevano l'abbattimento dei privilegi accumulati in secoli di prevaricazione dei piu' ricchi, permettendo fra gli anni 1950 e gli anni 1980 un tasso di crescita piu' alto del rendimento dei capitali.

Tuttavia il 50% percento piu' povero della popolazione mondiale e' rimasto con percentuali infime di risorse economiche anche in questo periodo di floridita'.  La caduta del comunismo e le bolle economiche scoppiate agli inizi del 1990 provocarono una reazione della fasce sociali piu' alte e delle politiche liberiste che di fatto abbassarono in tutta europa il salario minimo e alleggerirono le tassazioni sui percentili piu' ricchi della societa'. Di fatto la finanza creativa e la globalizzazione hanno reso il capitale (che da terriero, poi immobiliare, industriale ed infine finanziario) difficilmente rintracciabile, rendendo la tassazione  in ogni singola nazione regressiva, ovvero chi ha di piu' paga di meno perche sfugge alle maglie del controllo statale, semplicemente non esiste.

Piketty sottilinea piu' volte che la storia va studiata per meglio modelizzare I flussi economici , verificare e migliorare le leggi del capitale, in modo da interpretare correttamente la fase tra le guerre mondiale, e scoprire che questi eventi catastrofici altro non sono che uno stop temporaneo nel processo naturale di accumulo del capitale. Piu' volte si scontra con leggi obsolete che secondo lui offuscano e non leggono bene le disuguglianze economiche moderne, accusa persino I piu' grossi istituti economici di nascondere l'evidenza dei numeri per fini politici. Per esempio si preferisce non parlare dei percentili di distibuzione del capitale mondiale che da un geografia precisa della poverta' (50% per cento piu' povero 1% ricchezza)  con numeri impetosi, ma di soglie al 10% della popolazione piu' ricca e meno ricca, di fatto nascondendo le concentrazioni di capitale (il decile piu' ricco ~60% di richezza, ma con stime del 90% nei prossimi 20 anni).

Per lui l'unica soluzione e' la trasparenza bancaria globale per permettere una tassazione realmente progressiva, la flat tax non serve a nulla in quanto non garantisce redistribuzione. Se non si puo' farla a livello globale che si inizi nei macroblocchi tipo l'UE, dove invece imperversa un nazionalismo becero, che pensa di attirare capitali imboscati con agevolazioni che non fanno altro che acuire il problema. Insomma leggendo queste pagine si capisce perche la politica oggi giorno parla di tutto fuorche' del reale problema mondiale: la disuguaglianza e l''eccessivo accumulo di capitale nei paesi ricchi in mano a poche persone. Fin quanto non si lavora su questo, finiremo sempre a commiserarci per problemi irrisolti, a dare sfogo alla pancia dei populismi che non sono altro che I rigiri su se stesso del pachiderma della poverta', che si regge a stento dalla fame,  che e' il sollazzo di chi lo guarda al sicuro delle sue oasi elitarie, lontano dal lavoro e dalla fatica quotidiana. Perche' chi ha I soldi non ha motivi di sudare, ha gia' un capitale che da solo si riproduce in un giorno piu' di quanto tu, povero professionista, possa guadagnare in una vita di lavoro.

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